Ci sono al mondo uomini disperati.

Nonostante i proclami dei governi o delle corporazioni sovranazionali, esistono donne e uomini coraggiosi costretti a vivere una vita di stenti nei loro paesi d’origine.

Molte donne africane, fra questi disperati, partono con in braccio i figli neonati e denutriti, o addirittura col pancione.

Non piace a nessuno parlare di questa tragedia che si consuma ogni giorno sulle nostre coste, sul mare. Non piace a nessuno eppure esiste.

Ma non voglio davvero più parlarne: perché noi tutti abbiamo la possibilità di non parlare più di questa tremenda situazione.

Ci sono due modi a mio avviso per fermare questo scempio: il primo è quello di sostenere progetti di sviluppo direttamente nei paesi del terzo e del quarto mondo.

Il secondo, ed è di questo che oggi voglio parlarti, è quello di accoglierli in piccoli rifugi sul nostro territorio.

È di questo che si occupa il bel progetto delle suore orsoline “Adotta una mamma col suo bambino” all’interno della Casa di Rut, che ha sede a Caserta.

Questo mira a dare una prima accoglienza a queste donne e ai loro bambini, sostenendoli economicamente (con contributi per le rette del nido o per l’affitto della casa, ad esempio) per un periodo che va dai 6 ai 12 mesi.

Casa di Rut ogni anno toglie decine e decine di donne costrette al malaffare e alla prostituzione e dona loro la possibilità di poter camminare con le proprie gambe.

Dona loro la possibilità di farcela, fino a raggiungere la PIENA AUTONOMIA.

Le Suore della Casa di Rut aiutano queste persone in difficoltà nel processo di integrazione nel nostro Paese.

Le accompagnano attraverso l’iter sanitario (specie in caso di gravidanze) e burocratico, per fare ottenere loro il permesso di soggiorno e i documenti.

Ma il contributo fondamentale è quello di insegnare a queste ragazze un mestiere, un mestiere vero.

Vengono inserite così in un processo virtuoso che, fuori dalle vecchie pratiche di assistenzialismo, consente loro l’indipendenza economica che meritano.

Il lavoro delle Suore nella gestione della Comunità – che attualmente ospita 8 giovani donne: 5 in Casa di Rut (1 con figlio piccolo, 2 incinte e 2 sole) e 3 nell’appartamento in via Leonardo da Vinci, sempre a Caserta – non smette di starci a cuore.

Cosa insegna a te e a me questa esperienza? Una cosa che conosciamo bene ma che va applicata ogni giorno: lo stile imprenditoriale cambia la vita delle persone.

A queste donne non è dato un supporto semplice “a fondo perduto”.

Vengono dati strumenti concreti per:

  • Vivere con dignità
  • Inserirsi in una realtà che non conoscono
  • Sostenersi con le proprie gambe, imparando un lavoro

Non è la stessa cosa che fai (o dovresti fare) anche tu nella tua impresa? Pensa a questo stile di fare le cose applicato alla tua azienda.

Se già lo applichi, vedi quanto ti fa crescere. Se non lo applichi, prova a farlo. Vedrai dei risultati RIVOLUZIONARI.

Mio padre diceva sempre “È l’uomo che fa la differenza”.

Vogliamo provare – INSIEME – a fare la differenza? CLICCA QUI. Si aprirà una pagina dove potrai dare il tuo contributo decisivo per i progetti della Fondazione, scegliere come aiutarci tramite una donazione libera o tramite l’acquisto del libro dedicato a mio padre.

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Giovanni Affinita