L’uomo, la persona al centro del lavoro. È possibile secondo te? Seguimi, voglio raccontarti una storia davvero interessante.
Lontano anni luce dalla bulimia da accumulo e dalla speculazione, Adriano Olivetti riuscì a rivoluzionare il mondo dell’impresa grazie alla sua formazione “illuminata”, alla sua mentalità aperta. Possiamo dire che fece proprie le parole di Terenzio: “sono un uomo e niente che sia umano mi è estraneo”. Un uomo con le idee chiare: mettere la persona al centro dell’ecosistema lavorativo.
Adriano Olivetti dedicò tutto il suo impegno all’organizzazione aziendale: trasformò la vecchia fabbrica dalle tristi mura in una comunità di lavoro dagli ambienti luminosi, rassicuranti; mise a disposizione dei lavoratori case, asili, trasporti, scuole professionali e assistenza sanitaria. Era convinto che la sua azienda dovesse essere un libero luogo di apprendimento, dove ognuno potesse accrescere il proprio sapere: e per questo allestì delle biblioteche.
Se pensi che questo possa bastare, continua a leggere. Non è così.
Olivetti riteneva fondamentale “umanizzare” la divisione scientifica del lavoro, con l’obiettivo di difendere e incentivare la motivazione e la creatività dei suoi dipendenti. Inoltre, anche in tempi di rallentamento economico, invece di licenziare, investì: ragionava sul lungo periodo. Assunse altri venditori, aprì nuove filiali, acquistò macchinari tecnologicamente avanzati, finanziò la ricerca e si circondò dei migliori ingegneri del Politecnico di Torino.
I risultati brillanti gli permisero di aumentare la paga dei suoi operai di un terzo rispetto a quelle presenti nei contratti nazionali di categoria. Le sue scelte varcarono le frontiere aziendali, si estesero anche alla politica. Il fine era quello di ottenere un potere decentralizzato, sia nell’azienda che nella società. Un potere che partisse davvero dal basso, dai cittadini.
La Fondazione Angelo Affinita, l’azienda e la famiglia a cui appartengo vivono di valori simili a quelli che ispirarono Adriano Olivetti. La nostra comune ambizione è di dare un contributo attivo e concreto: allargare, cioè, i confini dell’impresa al territorio circostante. Essere un riferimento per gli imprenditori che vogliono un stile differente. Di fare impresa e di aiutare il prossimo. Questo è quello che facciamo con progetti come “Io da grande sarò”.
In questi anni abbiamo fatto tanti piccoli passi, ma la strada è lunga. Ti va di farla insieme, di appartenere agli Amici della Fondazione?
È l’uomo che fa la differenza.
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Giovanni Affinita