A breve nel carcere minorile di Casal del Marmo a Roma verrà realizzato un pastificio. Il progetto è stato presentato a Papa Francesco in Vaticano, in un recente incontro ufficiale con i pastai di Aidepi (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane). L’obiettivo è quello di tramandare ai giovanissimi detenuti la nobile tradizione della pasta.

Uno dei simboli della nostra dieta mediterranea nel mondo sarà così un’opportunità di formazione professionale da poter spendere nel reinserimento. L’iniziativa s’innesta nel solco di altri progetti che hanno portato il mondo della cucina in varie carceri italiane: a Trani già si apprendono le tecniche di lavorazione sia della pasta che dei dolci, ad esempio, mentre a Castrovillari, in provincia di Cosenza, si insegna a preparare la pizza.

Ogni kg di pasta preparata, ogni pizza sfornata da queste persone profuma di passione e di voglia di riscatto. Ma soprattutto ha il gusto della consapevolezza di saper fare qualcosa, di essere in grado di raggiungere un risultato sano, pulito, con impegno e dedizione. C’è vita, c’è speranza fuori dalle sbarre.

Istituti come questi indicano la strada giusta da seguire, ma sono la minoranza in Italia. Agiscono concretamente, contrapponendo all’illegalità il lavoro e l’etica del dovere. Come l’Istituto Penale Minorile di Airola, nel Beneventano, che promuove la riscoperta e la rinascita di antichi mestieri artigianali tipici del cosiddetto “distretto della ceramica” San Lorenzello – Cerreto Sannita.

Con il progetto “CreAttiva” l’Istituto di Airola riabilita i minori detenuti, sia dal punto di vista personale che sociale. Restituisce loro la dignità perduta e dona la possibilità di avere una professione, fondamentale per il loro futuro. Un lavoro vero, dunque, un lavoro rispettabile: la produzione di ceramiche decorate, destinate alla vendita.

La Fondazione Angelo Affinita mira a trasformare un laboratorio in una piccola impresa, in una start-up efficiente e di successo. Possiamo mettere a tacere chi crede che quei ragazzi abbiano già un destino d’emarginazione segnato.

Possiamo farlo, insieme, grazie al TUO contributo.

Giovanni Affinita