Vengono chiamate working poor e sono persone che un lavoro ce l’hanno ma mal retribuito; persone non poverissime ma comunque lontane dalla solidità necessaria per esser al sicuro dal pericolo della miseria. Secondo uno studio di Unimpresa basato su dati Istat, sono oltre 9 milioni. Il bacino degli italiani che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese è in crescita di 30 mila unità (+0,3%) rispetto all’anno scorso.
Ai disoccupati che sono più di 3 milioni, vanno aggiunti larghi strati di lavoratori precari o economicamente deboli, che estendono il numero complessivo degli italiani che subiscono sulla propria pelle le conseguenze negative della crisi. Questo gruppo di persone occupate ma con prospettive lavorative incerte, o con retribuzioni insufficienti, ammonta nell’insieme a 6,1 milioni.
Matteo Renzi ha di recente dichiarato che “è maturo il tempo per una misura sulla povertà”, impegnandosi a introdurre nella legge di stabilità un provvedimento ad hoc, “in particolare contro quella infantile”. Stando alle stime del governo, nel nostro Paese i bambini che vivono sotto la soglia di miseria si aggira ad 1 milione. Tuttavia, la misura, per quanto positiva, non interviene alla base del problema (che è strutturale) e non tiene conto di chi si trova al limite della soglia.
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Giovanni Affinita