Che strano momento stiamo vivendo. Oggi che la schiavitù sembra roba da film, qualcosa di lontano, che non tocca le nostre vite. Qualcosa da leggere sui libri di storia.

Eppure succede ancora. Qualcosa di molto simile alla schiavitù, una sua versione moderna, si potrebbe dire, non meno pericolosa, che silenziosamente serpeggia nella nostra modernissima società.

E qualcuno, sempre più spesso, ce lo ricorda: «Affamare la gente con il loro lavoro per il mio profitto! Vivere del sangue della gente. Questo è peccato mortale!».

Vuoi sapere chi è stato a dire queste parole?

Sempre il solito: Papa Francesco.

Lo ha detto durante la messa a Casa Santa Marta. Nella sua omelia ha attaccato chi sfrutta, anche attraverso un contratto di lavoro, i propri dipendenti.

Papa Francesco, di nuovo, si mette dalla parte del lavoro. Non solo del lavoratore, dall’impiegato all’operaio, ma del lavoro, del sistema lavoro, fino all’imprenditore. Se la prende con qulle canaglie, le chiama così, che scambiano l’imprenditoria con con lo sfruttamento.

Di cosa stiamo parlando?

Secondo le posizioni che il pontefice ha espresso durante tutto il proprio pontificato lui trova nell’imprenditoria uno degli strumenti migliori per potere creare ricchezza. Ricchezza che però deve essere diffusa, spartita tra i lavoratori e il loro datore di lavoro.

Francesco prende spunto dalla Lettera di San Giacomo: è un monito ai ricchi che accumulano possessi sfruttando la gente più in difficoltà.

Il monito, secondo Papa Francesco è chiaro: Quando le ricchezze si fanno con lo sfruttamento della gente, quei ricchi che sfruttano, sfruttano il lavoro della gente e quella povera gente diviene schiava.

Capisci? Il lavoro in nero non è la via. Lo sfruttamento, i sotterfugi non portano da nessuna parte, non creano ricchezza, creano soltanto dislivello sociale.

C’è però un’altra via da poter seguire. Quale?

La stessa via scelta e percorsa da Angelo Affinita tanti anni fa. Angelo diceva sempre che l’azienda è un bene sociale e non personale. Si riferiva al fatto che ognuno è parte integrante del successo di un’azienda: titolari, dipendenti, fornitori e persino il tessuto sociale che circonda l’azienda. Tutti ne debbono beneficiare, tutti debbono poter crescere.

E aiutare così anche le persone in difficoltà e bisognose. Aiutare, grazie alla crescita d’impresa, anche chi è nel bisogno.

QUESTO FA UN IMPRENDITORE ILLUMINATO E AMATO DAI SUOI DIPENDENTI. COME ANGELO AFFINITA.

Nella Fondazione Angelo Affinita crediamo fermamente nell’impresa da sviluppare all’interno di un tessuto sociale in crescita. Crediamo che creare ricchezza, per se stessi e per gli altri sia la vera, grande sfida dell’imprenditoria moderna.

Come lo facciamo?

Lo facciamo seguendo i nostri progetti. Prendi per esempio le ragazze della cooperativa New Hope, nata nel 2004 come laboratorio di sartoria etnica per la formazione e l’avviamento al lavoro di giovani donne, prevalentemente immigrate, sole e con figli, in situazione di difficoltà.

Per questo la Fondazione Angelo Affinita ha deciso di sostenere questo progetto, perché dona a queste donne la possibilità di farcela. Di camminare con le proprie gambe e di entrare in tutto e per tutto nel mondo del lavoro.

Questa è solo una delle vie che la modernità ci offre per creare ricchezza. Cerca di trovarne altre, questo è quello che sempre mi ripeto.

Angelo Affinita diceva sempre “È l’uomo che fa la differenza”.

Vogliamo provare – INSIEME – a fare la differenza? CLICCA QUI. Si aprirà una pagina dove potrai dare il tuo contributo decisivo per i progetti della Fondazione, scegliere come aiutarci tramite una donazione libera o tramite l’acquisto del libro dedicato ad Angelo Affinita.

Se sei un imprenditore, troverai anche l’opportunità di essere contattato direttamente dalla Fondazione e scoprire come fare crescere la tua azienda aiutando il prossimo.